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Comincerà un’altra faida - sussurrava la gente paesana, -e stavano pure insieme
quei due ragazzi, misero il mondo! -.
I
loro erano cantici di tristezza mista ad una curiosità maligna; le voci
mormoravano opinioni conclusive, sapevano già come da quel momento in poi, le
cose sarebbero andate. Erano discorsi fatti a bassa voce, esile il loro parlare
accompagnato da occhi preoccupati. Alcuni animi erano tristi, altri erano meno
scossi, più lucidi e distaccati rispetto ai fatti accaduti. D’altronde al male
ci si abitua e nel villaggio erano molte le case colorate dal rosso vischioso
del sangue e tante le anime piegate da quel tipo di dolore. Atroce dolore.
Quante
tavole vuote, piatti allineati nelle credenze insieme a quello mai più
sistemato a tavola per alleviare la fame del vivo. Posti negati alla vita in
sere o mattine pungenti per mano di improvvisati giudici che si erano dati il
compito della decisione che spettava invece a Dio. Gli occhi piangevano lacrime
dello stesso sapore e quei fatti riportavano alla mente, visi e ricordi. Alcune
madri si ritrovavano a baciare le fotografie dei figli ergastolani, a parer
loro martiri di vite dure e di una privata libertà.
Qualcun’altra
vestita col nero del lutto, si piegava, senza conforto, in preghiere
dedicate al figlio ucciso. Lacrime di ogni età raggiungevano le gote ruvide dei
visi. Era dura la realtà dell’odio che alimentava l’anima di un ballo
affamato. Anime colpevoli riprendevano l’equilibrio e contemplavano il
loro personale perdono, d’altronde la vita quella era, chi non aveva sofferto
in un modo o in un altro, mentre i piedi toccavano quella terra in germoglio?
-Uccidere
non fa di te un essere spietato, il fatto di aver ucciso non fa di te una
brutta persona! -,tale gesto significava errore o azione dovuta per ristabilire
un amaro vivere e sanare un onore leso.
Nella
sua modesta casa Don Luigi, si apprestò a prepararsi per dir messa, si chiese
quante fossero state le anime flagellate che lo avrebbero ascoltato quella
sera. Donne dagli occhi colmi d’odio che con le mani tremanti stringevano il
rosario e che con la loro voce avrebbero cantato verso il Cristo. Quante
passioni simili a quella del Figlio di Dio accadevano in quella misere strade,
a portare le croci erano le madri, sofferenti della loro stessa colpa, le
stesse donne che seminavano odio e che vedevano cadere i figli. I paesani
uscivano più frequentemente ora a comprare i giornali, cercando notizie e
tenendosi informati sulle indagini, in tanti constatavano che -sa zustiscia-era
lontana dal capire quella verità.
Nella
sua piccolezza Orostou contava tremila anime, e tra queste vi erano uomini
disposti a rischiar la vita per salvare cognomi e radici. Nell’impugnare le
armi, non vi era alcuna gioia, spesso alla vista del sangue nemico si provava
la sensazione di liberazione dalla rabbia, essa s’intanava nei piccoli angoli
dei nervi. L’anima tornava calma, la rabbia lasciava spazio
all’inquietudine. I colpevoli dell’atto si guardavano alle spalle ed era un
mistero la sorte della giornata; non vi era certezza riguardo alla sera, non
sapevano se sarebbero tornati a casa a rivedere moglie e prole. Armi
dormivano sotto le rocce nelle campagne, altre in cantine spaziose o sotto
piccole fosse, pronte ad essere utilizzate per difendersi da un insana e attesa
risposta. Vivevano di pronti riflessi e prudenza, nuovi modi di comportamento e
preparazioni non dette ad un possibile addio.
Tratto
dal romanzo “Barbarìa” di Pierangela Massaiu, Sa babbaiola Edizioni, anno 2021.
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