domenica 18 luglio 2021

I dolori della faida.


 

- Comincerà un’altra faida - sussurrava la gente paesana, -e stavano pure insieme quei due ragazzi, misero il mondo! -.

I loro erano cantici di tristezza mista ad una curiosità maligna; le voci mormoravano opinioni conclusive, sapevano già come da quel momento in poi, le cose sarebbero andate. Erano discorsi fatti a bassa voce, esile il loro parlare accompagnato da occhi preoccupati. Alcuni animi erano tristi, altri erano meno scossi, più lucidi e distaccati rispetto ai fatti accaduti. D’altronde al male ci si abitua e nel villaggio erano molte le case colorate dal rosso vischioso del sangue e tante le anime piegate da quel tipo di dolore. Atroce dolore.

Quante tavole vuote, piatti allineati nelle credenze insieme a quello mai più sistemato a tavola per alleviare la fame del vivo. Posti negati alla vita in sere o mattine pungenti per mano di improvvisati giudici che si erano dati il compito della decisione che spettava invece a Dio. Gli occhi piangevano lacrime dello stesso sapore e quei fatti riportavano alla mente, visi e ricordi. Alcune madri si ritrovavano a baciare le fotografie dei figli ergastolani, a parer loro martiri di vite dure e di una privata libertà.

Qualcun’altra vestita col nero del lutto, si piegava, senza conforto, in preghiere dedicate al figlio ucciso. Lacrime di ogni età raggiungevano le gote ruvide dei visi. Era dura la realtà dell’odio che alimentava l’anima di un ballo affamato. Anime colpevoli riprendevano l’equilibrio e contemplavano il loro personale perdono, d’altronde la vita quella era, chi non aveva sofferto in un modo o in un altro, mentre i piedi toccavano quella terra in germoglio?

-Uccidere non fa di te un essere spietato, il fatto di aver ucciso non fa di te una brutta persona! -,tale gesto significava errore o azione dovuta per ristabilire un amaro vivere e sanare un onore leso.

Nella sua modesta casa Don Luigi, si apprestò a prepararsi per dir messa, si chiese quante fossero state le anime flagellate che lo avrebbero ascoltato quella sera. Donne dagli occhi colmi d’odio che con le mani tremanti stringevano il rosario e che con la loro voce avrebbero cantato verso il Cristo. Quante passioni simili a quella del Figlio di Dio accadevano in quella misere strade, a portare le croci erano le madri, sofferenti della loro stessa colpa, le stesse donne che seminavano odio e che vedevano cadere i figli. I paesani uscivano più frequentemente ora a comprare i giornali, cercando notizie e tenendosi informati sulle indagini, in tanti constatavano che -sa zustiscia-era lontana dal capire quella verità.

Nella sua piccolezza Orostou contava tremila anime, e tra queste vi erano uomini disposti a rischiar la vita per salvare cognomi e radici. Nell’impugnare le armi, non vi era alcuna gioia, spesso alla vista del sangue nemico si provava la sensazione di liberazione dalla rabbia, essa s’intanava nei piccoli angoli dei nervi. L’anima tornava calma, la rabbia lasciava spazio all’inquietudine. I colpevoli dell’atto si guardavano alle spalle ed era un mistero la sorte della giornata; non vi era certezza riguardo alla sera, non sapevano se sarebbero tornati a casa a rivedere moglie e prole. Armi dormivano sotto le rocce nelle campagne, altre in cantine spaziose o sotto piccole fosse, pronte ad essere utilizzate per difendersi da un insana e attesa risposta. Vivevano di pronti riflessi e prudenza, nuovi modi di comportamento e preparazioni non dette ad un possibile addio.

 

Tratto dal romanzo “Barbarìa” di Pierangela Massaiu, Sa babbaiola Edizioni, anno 2021.

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