domenica 18 luglio 2021

La legge parla chiaro, le creature non si toccano.


 

Le creature erano una specie a sé stante. Ossa privilegiate, ecco cosa erano! Piras osservò la corda che teneva tra le mani; poteva impiccarsi, farla finita e chiudere l’affanno. Poteva appendersi al gancio, così come faceva con le bestie, mettersi a penzolare e pisciarsi addosso a causa del flusso pressorio. Toccò la superficie ruvida e larga della fune e scosse il viso. Finire uccisi con le proprie mani non era una gran cosa, che senso aveva avuto allora, stare tutta la vita a lottare, a pestarsi, se alla fine si restava senza onore? Così era morto Carlo, ammazzato mentre cercava la fuga, la fine dei topi aveva fatto! Morto con gli occhi chiusi, preferendo la cecità alla vista della malasorte.

Non si toccano le creature, - sospitzzinnos -. Le creature avevano piccoli arti, piccole braccia ma erano sempre frutto dell’ira di Dio a seconda della stirpe. L’ira di Dio permetteva la nascita di quei pezzi di carne che mutavano poi in involucri maligni. Pena bisognava avere secondo il vivere comune, ma pure Carlo era stato un bambino e nessuno ci aveva pensato a questo, il miserabile che lo aveva sfigurato non aveva perso tempo a contare gli anni.

Non si era fatto domande sulla gioventù. Anche Carlo era una creatura; ventiquattro anni aveva infatti. Pure lui aveva aperto la mano alla ricerca di cure, e Marcello da buon padre gliele aveva assicurate in quelle notti gelide e infantili. Suo figlio era stato pisciato in faccia dalle nubi e fradicio aveva emesso l’ultimo respiro. Era stato lasciato nudo e solo nella strada aziendale, lì, dove non cercava altro che il pane.

Anche se non aveva gli arti corti, sempre un bambino era, negato e battuto. Un Cristo era stato, mentre cercava riparo in quella notte, con il peso della croce cadutagli in testa. Gambizzato per subire, per non sfuggire, filamenti recisi, così come l’identità. Cosa risultava essere l’identità se non il teatro che un cristiano teneva in piedi durante il vissuto? E di Carlo cosa restava ora se non una foto di quando era bambino, ridente e giocondo, mentre sedeva sulla schiena di un cavallo domato. E pure le foto si consumavano, acquisivano il giallore del tempo e prendevano l’odore promiscuo della muffa. L’onore era sfuggito a suo figlio quella notte, stando dall’altra parte. L’onore era un migrante, ballerino, così come la vergogna

 

Tratto dal romanzo “Barbarìa” di Pierangela Massaiu, Sa babbaiola Edizioni, anno 2021

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