Il romanzo Barbarìa, dell’autrice Pierangela Massaiu,
è un’opera profondamente legata al realismo letterario, poiché descrive con
puntualità e coerenza l’ambiente dove interagiscono i protagonisti della vicenda.
Ci troviamo nella Barbagia, una zona montuosa della Sardegna centrale, che
comprende paesaggi di varia natura e dalla misteriosa bellezza che, come
sappiamo, ha ispirato una delle più importanti scrittrici del Novecento, la
nuorese Grazia Deledda, Premio Nobel per la letteratura.
Il paese descritto potrebbe essere uno dei numerosi villaggi di questa terra, villaggi abbarbicati sulle montagne e circondati da boschi millenari.
La società è quella tipica di un paese barbaricino,
dove il contatto tra uomini e natura è viscerale. La pastorizia e l’agricoltura
rappresentano i pilastri di un’economia tipicamente mediterranea.
La realtà di Orostou ha quindi conservato quei valori che, in altre zone della stessa Sardegna, talvolta si sono estinti oppure hanno perso la loro vitalità. Il capitalismo dell’onore è rimasto a dominare i comportamenti e le consuetudini. La perdita dell’onore potrebbe causare l’emarginazione e dunque a un relativo etichettamento da deviante. All’offesa ricevuta si deve perciò reagire, col fine di tutelare il sacro concetto del “Nome” proprio e della famiglia d’appartenenza.
La scelta dell’autrice di non specificare un asse temporale nella vicenda trova le radici in un interrogativo; la vendetta barbaricina appartiene solamente a un tempo passato o vige ancora oggi in determinati contesti sociali? Si parla quindi di mutamento o di resistenza delle dinamiche che fanno da contorno al codice d’0nore. Eventi recenti verbalizzati nella cronaca fanno presagire che alcune condotte non siano affatto scomparse. L’odio, padre delle faide, viene considerato un virus forse latente in attesa di ripresentarsi senza tener conto degli avvenuti processi di modernizzazione. Concetti come disonore e oltraggio vivono indisturbati nonostante l’importante impronta dei vari movimenti educativi e culturali.
È proprio partendo da questi presupposti che si potrà comprendere il romanzo di Pierangela Massaiu. L’autrice è brava nello scattare delle vere e proprie istantanee che delineano minuziosamente l’essere un ragazzo o una ragazza della moderna Barbagia, e lo fa anche con gli occhi di professori o forze dell’ordine che della Barbagia non sono. Per esempio, il professore che osserva gli alunni e incuriosito ne studia le posture notando un’ adultizzazione gestuale, oppure il Commissario che svolge le indagini intorno a un omicidio, che non riesce a comprendere condotte proprie dell’essere sardi.
Ad ogni modo sarà il concetto di “onore,” il perno su cui ruoterà la vicenda. Proprio per difendere l’onore della famiglia il protagonista cambierà in toto la sua vita, e la vendetta sarà il motivo dominante dei suoi comportamenti. Il motivo del mutamento sarà la morte del padre, assassinato tra le strade del paese durante una delle tipiche feste religiose.
Il ragazzo non assumerà una decisione in proposito, ma si comporterà di conseguenza come se la vendetta non fosse una scelta, ma atto coerente e indispensabile alla più grande delle offese: la vendetta concepita come principio di causa – effetto come se fosse legato alle ferme leggi della fisica. Insomma, non potrebbe essere altrimenti. L’autrice ci descriverà i fatti con una scrittura scorrevole, che talvolta assume tratti lirici. Nei confronti del lettore si collocherà come mera narratrice, senza riportare giudizi personali su fatti o personaggi. La vicenda sarà presentata come un fedele resoconto di una storia toccante, dove le travolgenti passioni anche contrastanti, come amore e odio, saranno le autentiche protagoniste di una storia che non scorderemo facilmente.